In ansia gli iraniani di Mantova: «Temiamo per il destino del mondo»

C’è chi teme un nuovo conflitto e chi rassicura: «Lo scambio di missili con Israele serve solo a fare scena»

Oscilla tra lo smarrimento e il pragmatismo, l’umore degli iraniani che osservano il Medio Oriente dal nostro spicchio di pianura, dove abitano da anni. Così lontani, così vicini. C’è che si confessa emotivamente disarmato e chi invita alla calma, perché i missili tra Iran e Israele «rispondono a strategie interne e non porteranno ad alcuna guerra». La richiesta che li accomuna è quella dell’anonimato, per il pudore della propria traiettoria personale e per la sicurezza degli affetti rimasti in Iran. Sarà pure scenografia, ma con gli ayatollah c’è poco da scherzare.

Inimmaginabile

«Non avrei mai immaginato una situazione del genere» confessa, in un italiano tondo, una mediatrice culturale che qui ha trascorso più anni di quanti ne abbia vissuti a Teheran. È arrivata con la famiglia pochi giorni prima della rivoluzione islamica, con la prospettiva di tornare presto indietro, e non è mai più ripartita.

«Molti faticano a crederci, ma prima della rivoluzione vivevamo come in Italia - racconta - una vita tranquilla, libera e agiata». L’Iran della sua giovinezza non combacia più con l’immagine attuale del paese, offeso e stravolto da quarantacinque anni di fanatismo religioso. Per cominciare una nuova vita in Italia, partendo da zero, questa donna ha dovuto addormentare i ricordi e addomesticare la nostalgia. La professione che si è scelta, però, dice di un legame ostinato.

«Non avrei mai immaginato una situazione del genere - ripete a proposito dei fatti degli ultimi giorni, dei missili e delle ritorsioni incrociate - Come mi sento? Devo ancora capire bene i miei sentimenti, non è facile, ma sono molto dispiaciuta, questo sì. E sono anche in ansia, ho paura che quanto sta succedendo possa alterare l’equilibrio del mondo. Con la guerra, i governi non fanno il benessere dei loro popoli».

Le lenti dell’Occidente

Odio antico, quello tra il regime degli ayatollah e Israele, che il primo aprile ha bombardato una sede consolare iraniana a Damasco, in Siria, e ucciso alcuni militari tra cui un alto generale dei pasdaran. Innescando la reazione annunciata di Teheran, che tra sabato e domenica ha risposto con missili e droni kamikaze, mentre ora Netanyahu, frenato dalla Casa Bianca, avverte l’Iran che la pagherà «nel modo e nel momento più adatti».

«Ma non si può leggere la situazione mediorientale con le lenti della politica europea» interviene un altro iraniano di Mantova, un medico che, a differenza della mediatrice culturale, ha mantenuto un rapporto assiduo con il suo paese, dove torna periodicamente.

«State tranquilli, tra Iran e Israele non scoppierà alcuna guerra - ripete - missili e droni servono solo a fare scena, sia gli ayatollah sia Netanyahu sono in crisi di consensi e devono mescolare le carte, fare un po’ di confusione. I missili israeliani sul consolato iraniano? Una sede diplomatica, sì, ma dentro c’erano dei militari, e l’attacco potrebbe aver fatto anche il gioco della Siria, interessata a smarcarsi dagli ayatollah».

Insomma, nulla è come appare. «L’Iran è ricchissimo, ma la gente vive male, peggio che in Venezuela. Il regime islamico è stato imposto dalle altre potenze per distruggere la civiltà di un paese scomodo». È il risiko della geopolitica.

Igor Cipollina

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