Braccianti trattati come schiavi, tre a processo per caporalato a Ostiglia

di Rossella Canadè
All’udienza in tribunale davanti al giudice Casari hanno assistito alcune classi del liceo Galilei con gli insegnanti

Una sessantina di braccianti trattati come schiavi: cinque euro all’ora per giornate di lavoro che andavano dall’alba al tramonto, niente acqua nonostante il caldo, quindici giacigli per ogni stanza, nessun dispositivo di sicurezza, né scarpe, né cappelli né guanti, e niente visita medica preventiva.

L’azienda di lavori forzati era stata scoperta durante un blitz dei carabinieri nell’ambito dei servizi contro il lavoro nero e il caporalato a Ostiglia, in un'azienda agricola di località Comuna Bellis dedita alla coltura di radicchi.

L’operazione si era conclusa con cinque arresti: in carcere erano finiti tre immigrati pakistani e un marocchino accusati di essere i caporali, cioè di gestire i braccianti, e il proprietario del fondo agricolo e committente del lavoro, un 72enne del luogo.

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Ieri sono comparsi davanti al giudice i tre pakistani, cioè il titolare della società Job Service e due dipendenti, che hanno ascoltato senza fiatare le testimonianze, a volte confuse, a volte omertose, a volte invece molto precise, rese con la mediazione di un interprete, dalla sfilata degli ex braccianti.

Venticinque di loro si sono costituiti parte civile assistiti dall’avvocata Annalisa Finocchiaro, mentre degli altri 28 si sono perse le tracce.

I carabinieri, intervenuti con gli specialisti del nucleo ispettorato del lavoro, e gli ispettori dell'Inps e dell'Inail, avevano eseguito il controllo nei campi al confine con il Veneto in giugno, la stagione nella quale si coltiva radicchio rosso. L'azienda agricola, la Geo srl con sede legale a Legnago, si avvaleva di una cooperativa modenese, la Job Service srl di Savignano sul Panaro che gestiva braccianti, tutti stranieri. Erano 53 gli operai agricoli trovati al lavoro dai militari che avevano controllato la loro posizione retributiva e assicurativa.

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Tutti i lavoratori erano risultati in regola con il permesso di soggiorno. Ma i problemi c’erano comunque: gli operai hanno ammesso, anche ieri, di aver percepire una paga di appena cinque euro all’ora.

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Nel corso della stessa attività di controllo, che aveva determinato la sospensione dell'attività dell'azienda agricola, erano stati anche sottoposti a sequestro i tre furgoni che venivano utilizzati per il trasporto dei braccianti. Inoltre la task force aveva inflitto contravvenzioni amministrative per una cifra che sfiora i 49mila euro.

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